Le Valli d’ Aquino- ricordi

La quaresima di pezza

Era una bamboletta di pezza confezionata in casa  che si appendeva al balcone centrale 7 settimane prima della Quaresima. Alla base  era attaccata una patata su cui si infilavano sette penne di quelle prese dalle ali delle galline: come un conto alla rovescia, ne veniva staccata una a settimana, fino ad arrivare a Pasqua.

 

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La spogliatura delle pannocchie (spannocchiatura)

Il granturco veniva raccolto con le mani e trasportato con i carri in mezzo all’ aia, dove si faceva un grande mucchio. Finita la raccolta, si poteva iniziare la spogliatura: per questo lavoro occorrevano molte persone, ma non era un problema, non si facevano pagare, trattandosi di uno scambio d’ opera, e non erano poche le persone, poichè le famiglie erano numerose. Un fatto era molto importante: vi partecipavano molti giovani, anche i non invitati, perchè era in quest’ occasione che si potevano conoscere  le ragazze, magari segnalando il proprio interessamento col lancio di qualche pannocchia.

 

pannocchie.jpgIl lancio della pannocchia

Durante la spogliatura del granturco si riunivano intorno al mucchio centrale anche una trentina di persone: la manodopera non costava, perchè c’era lo scambio, ma anche perchè la cosa risultava gradevole per il fatto che ci si incontrava come in una festa e si spettegolava tanto. Per i giovani era l’ occasione per incontrarsi e mandarsi dei segnali: quello caratteristico della spannocchiatura era il lancio della pannocchia, che avendo la parvenza di uno scherzo, voleva soprattutto segnalare alla ragazza il proprio interessamento che in seguito poteva essere ricambiato con sguardi ammiccanti. Il periodo più adatto era quello della luna piena, poichè non essendoci la corrente, di notte non c’era altra possibilità per vederci.

 

 

 


Il Bucato e il risciacquo al ruscello:

Il bucato

Quando non esisteva la lavatrice, le lenzuola venivano lavate a mano con il sapone fatto in casa , venivano messe in un contenitore di vimini, rivestito con un telo, chiamato ceneraio, ed a strati alternati si mettevano lenzuola e cenere. Veniva poi colata l’acqua bollente. Fino a quando l’acqua non usciva dalla parte bassa, non era colata, il bucato non era pronto. Il giorno dopo si toglievano le lenzuola e venivano portate con i canestri al ruscello per essere risciacquate.



lavandaia.jpgRagazze al lavatoio

Scendendo nella valle si trovava il lavatoio: si trattava di tre pietre a superficie piana disposte nella Forma. Lì andavano le ragazze a lavare i panni, immergendosi con gli stivali o a piedi nudi nell’ acqua: il lavoro era duro perchè si doveva stare piegati per almeno mezza giornata e si gelavano mani e piedi, ma anche qui esisteva l’ altra faccia della medaglia:i ragazzi approfittavano di questa ghiotta occasione per andare a corteggiare le ragazze che a volte erano consenzienti e a volte contrarie, a seconda dell’ individuo. Capitava che qualche mamma, conoscendo il “pericolo”,mandasse come guardiano un fratellino impertinente  che, tornato a casa, facesse la spia.

 

 

Il contadino d’estate

D’ estate faceva troppo caldo per lasciare la mucche dentro la stalla, perciò si legavano fuori, ma si dovevano guardare, perchè c’ erano i ladri, qualcuno parlava anche di briganti. Quindi il contadino si faceva un letto fuori, un po’ rialzato, e  dormiva  lì, con grave rischio per la propria incolumità, perchè i ladri, per portare a termine il furto, colpivano il padrone con una botta in testa e portavano via il bestiame.

 

Il letto estivo del contadino

Ad ogni primavera un bravo contadino si preparava il letto fuori per dormire vicino alle bestie. Esso era fatto in questo modo:si disponeva un incrocio ad x davanti e dietro fatto con pali di legno, sopra, un po’ alta, si inchiodava una cornice di legno a forma  di rettangolo e su di essa venivano legate singolarmente, una per una, tutte canne secche ravvicinate. Il letto era fatto, al momento si aggiungeva un saccone pieno di spoglie di granturco, qualche coperta  e vi si poteva dormire.

 

Gli spiriti e le streghe

C’erano due o tre anziani che dicevano di vedere gli spiriti: in particolare accadeva soprattutto di notte, quando attraversando la campagna buia, vedevano delle figure mostruose o delle travi di fuoco. Qualcuno raccontava di vedere le streghe, erano delle donne che andavano di notte presso le case dei contadini ad intrecciare le criniere dei cavalli.Per questo si metteva davanti alla porta della stalla una scopa di stramma, in modo che la strega, perdendo tempo a contare i fili della scopa non facesse in tempo, entro la notte, a fare incantesimi nella stalla, che tuttavia era chiusa dall’ interno con una robusta barra di legno.

 

cambra canna.JPGLa “cambra canna”

Era un cilindro senza le basi, fatto in strisce di canna intrecciate(ogni canna veniva spaccata in quattro con un apposito attrezzo fatto al momento: si trattava di due bastoncini uniti a forma di croce). Serviva nel deposito dei cereali per contenere una decina di quintali di grano , granturco o biada. Pochissimi erano i contadini che sapevano farle e spesso si facevano pregare, ma non si facevano pagare.

 

moggio.JPGIl moggio (mojo)

Gliù moje (lat. modius)

Aveva una base di vimini,la parte laterale in strisce si canna, l’orlo superiore di vimini e due manici pure in vimini, la sua capienza era di circa sessanta chili, ma non si riempiva mai del tutto.Ogni contadino ne aveva più di uno perchè servivano in diverse occasioni, ma soprattutto quando si trebbiava il grano, per trasportalo dalla trebbia alla rimessa (erano le donne che si occupavano di  ciò, caricandosi il fardello sopra la testa,poggiandolo sulla cèrcina, “spara”, in dialetto). Per confezionarli c’ erano dei contadini bravi che se ne occupavano nel tempo libero, per sè e per gli amici, magari in cambio di qualche  cortesia.Per  evitare che i semi fuoriuscissero dalle piccole fessure , si usava impiastrarli, nella parte interna, con sterco di mucca che, seccando, li rendeva anche più solidi.


 

La pignata

C’ era acqua calda tutto il giorno e si poteva cuocere qualsiasi cosa

pignata 2006_CotturaTradizionale.JPG

che non fosse troppo voluminoso. Essa si comprava a Pontecorvo, il lunedì di mercato, per gli stessi motivi della cannata. La pietanza che si cuoceva più spesso erano i fagioli con le cotiche o il cotechino, ma non bisognava abbandonarla a se stessa, perchè quando andava in ebollizione buttava fuori i liquidi e bisognava rabboccarla, oppure avveniva comunque una lenta evaporazione che lasciava i fagioli a secco e se non si riempiva non andava bene: spesso questa sorveglianza veniva affidata ad uno dei figli in quanto la mamma doveva occuparsi di lavori più impegnativi. Essendo fragile, anch’essa col tempo perdeva qualche manico, ma si continuava ad usare ancora, finchè non si rompeva in maniera inservibile.

 

cannata.jpgLa cannata

Ad un lato della fornacella c’era una lastra di marmo di Carrara su cui era appoggiata la cannata. Questa veniva comprata a Pontecorvo, dove esisteva una lunga tradizione nel campo della terra cotta, in quanto c’ era una cava di creta nelle vicinanze. Essa serviva da recipiente di acqua potabile nella casa ed era comoda per il trasporto dal pozzo alla cucina, perchè aveva due comodi manici per la presa, oltre ad un becco forato da cui fuoriusciva acqua a fontanella che per noi piccoli era un invito a bere direttamente da lì, ma senza farsi vedere perchè i genitori ci rimproveravano. Un difetto era ricorrente: essendo di fragile terracotta, uno dei manici si rompeva quasi sempre, ma ne restava uno e questo era sufficiente per tenerla ancora fino alla rottura definitiva.

Il riciclo c’ era una volta

(l’acqua della pasta)

Quando si scolava la pasta, si recuperava l’ acqua che veniva usata ancora calda per lavare i piatti, magari aggiungendo della crusca, dopodichè, arricchita con farina di mais, si dava da mangiare al maiale che la ingoiava con soddisfazione perchè risultava condita con i grassi portati via dai piatti, era la “broda”.Poi venne il progresso e portò i detersivi per piatti e finì pure il riciclo, perchè ormai l’ acqua avrebbe intossicato il maiale.

 

Lampadine.jpgLa corrente

La corrente alle Valli arrivò negli anni Cinquanta. Prima si usava la candela a petrolio, che inquinava parecchio, ma costava poco: per evitare di affumicare la cucina ed i nostri nasi si metteva sotto il camino. Quando veniva qualche ospite di riguardo si usava il cero che costava di più, ma era più elegante, a volte se ne mettevano anche due per riguardo all’ ospite. Quando arrivò la corrente i nostri impianti elettrici erano già pronti: si trattava degli interruttori fuori traccia  e dei fili a piattine che venivano inchiodati al muro, le lampadine erano da cinque watt, le più piccole, ma per noi facevano una luce abbondante. La seconda cosa che facemmo subito fu la pompa  elettrica per attingere l’ acqua dal pozzo; gli altri elettrodomestici arrivarono più tardi.

 

I fondelli

I ragazzi di Valli dovevano andare a scuola con la bicicletta, non c’ erano pulmini e i genitori non avevano mezzi.Insomma bisognava pedalare e questo creava problemi ai pantaloni: si consumavano nella parte dove il sedere poggiava sulla sella e non si potevano buttare solo per questo, quindi le mamme erano ormai molto pratiche nell’ attaccare i fondelli che consistevano in una grossa toppa grande quanto il sedere. Questo era anche un segno discriminante e causa di una certa emarginazione, perchè da ciò si potevano riconoscere tutti i campagnoli che venivano presi in giro dai ragazzi di città.

 

Le strade

Le strade non c’ erano. D’ estate si camminava bene sulla terra, magari col carretto, se uno ce l’ aveva, ma d’ inverno c’ era poco da fare, quel tracciato diventava tutto fango e anche per andare a messa bisognava portarsi gli stivali che poi venivano cambiati nei pressi della chiesa con scarpe nuove. Allora a Valli si restava isolati, ma anche questo non era un problema tanto sentito, perchè la nostra economia di contadini era quasi del tutto autosufficiente, e poi, pur volendo comprare, non c’ erano soldi (stiamo parlando del dopoguerra).Per le uscite necessarie si andava a piedi fino ad Aquino e poi si potevano prendere i mezzi.I bambini fino a dieci anni raramente uscivano, magari quando dovevano andare anch’essi al mercato a comprarsi le scarpe o qualche vestito, ma ciò avveniva raramente, perchè le scarpe dovevano bastare tre anni, quelle nuove, in quanto per casa  si andava o scalzi, se d’ estate, o si portavano gli scarponi di campagna fatti su misura dal calzolaio locale; riguardo ai vestiti, la maggior parte venivano confezionati dalle mamme.

 

fornacella.jpgLa “fornacella”

Nella cucina c’ era la fornacella che serviva per cuocere i cibi. Essa era fatta in muratura, aveva delle buche con delle griglie entro cui si mettevano i carboni ardenti che scaldavano le teglie di terracotta poste al di sopra. Le buche potevano essere tre o quattro a seconda di quanto fosse numerosa la famiglia, esse sfociavano nella parte anteriore fornita di portella che, se aperta mandava più aria e quindi aumentava il fuoco; questa serviva anche per asportare la cenere.

 

focolare.jpgIl focolare

Il fuoco stava sempre acceso: di giorno serviva per cuocere i cibi, di sera serviva per dare caldo a tutta la famiglia che si riuniva attorno ad esso. La legna non era molta, perciò il fuoco non era mai tanto grande da scaldare bene l’ ambiente, perciò ogni membro della famiglia allungava le gambe per scaldare bene almeno la punta dei piedi, poichè non ci si poteva avvicinare di più, perchè bisognava lasciare spazio anche agli altri che erano tanti. Vicino alla fiamma non mancava mai qualche pignata che, oltre a fornire acqua calda tutto il giorno, spesso conteneva i cibi da cuocere che potevano essere fagioli, verdure,cotiche, ecc,.Alla mattina la mamma si alzava presto per accendere il fuoco che serviva anche per fare l’ orzo da unire ad un po’ di latte per la colazione. Per il pranzo si metteva il treppiedi che serviva  da sostegno per la pentola della pasta, quasi sempre fatta in casa. Il sugo si faceva cuocere sulla fornacella che veniva alimentata coi carboni prelevati dal fuoco la sera prima, al momento di andare a letto (il carbone si otteneva preservando la brace sotto la cenere o dentro un contenitore metallico chiuso).

 

scaldaletto.jpgLo scaldaletto

Era un recipiente in rame che, riempito di brace, serviva per scaldare il letto prima di andare a coricarsi, quando nelle camere non c’ era il riscaldamento.Si passava sotto le lenzuola strofinando varie volte e stando attenti a non far incendiare il letto.


Le Valli d’ Aquino- ricordiultima modifica: 2010-03-15T18:46:00+01:00da flosm5
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